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Carne & Tumori

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Carne & Tumori

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente scatenato un vero e proprio putiferio mediatico in ambito alimentare a seguito della classificazione della carne lavorata come carcinogeno per l’uomo e delle carni rosse come potenziali carcinogene.

I media hanno ovviamente cavalcato l’onda emotiva della notizia ma per gli addetti ai lavori questa non era certo una novità: sono ormai anni che i ricercatori discutono dell’argomento e alla luce di numerosi studi condotti nel tempo questo passo era ormai scontato, ma la questione richiede una certa serietà e delicatezza nella trattazione che un giornalista non formato non può avere, per questo abbiamo deciso di affrontare anche noi questo abusatissimo argomento per cercare di fornirvi qualche strumento in più, nei nostri limiti, utile ad una comprensione più chiara della questione.

 

Per cominciare: perché questa mossa dell’OMS

 

La World Health Organization è un’organizzazione il cui obiettivo “è il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto possibile di salute, definita nella medesima costituzione come condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto come assenza di malattia o di infermità.” E‘ quindi ovvio che, con particolare attenzione per la ricerca scientifica, essa si muova per categorizzare tutto ciò che può essere dannoso per l’essere umano: tanto per fare un esempio, nella classificazione degli agenti carcinogeni per l’uomo sviluppata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) figurano, nella categoria 2A e 2B ovvero probabili e possibili carginogeni oltre alla carne rossa recentemente inserita anche il caffè e altre bevande calde, il fritto, il fare i turni di notte, il pompiere o la parrucchiera. La categoria 2A contiene elementi in cui, traduco dall’inglese, “si ha una evidenza limitata della carcinogenicità sull’uomo ma  sufficiente nel modello sperimentale animale” mentre la categoria inferiore, 2B, contiene elementi con “limitata o inadeguata evidenza sull’uomo e sufficiente o meno che sufficiente nel modello sperimentale animale”.
Ecco che in poche righe già l’allarme si riduce a quanto riguarda le soli carni lavorate, inserite in categoria 1 ovvero quella in cui si hanno prove sufficienti di carcinogenicità, che comprendono tutte le carni (rosse e bianche) che vengono appunto sottoposte ad un processo di lavorazione a fianco di alcool, fumo di tabacco, benzene, terapia estrogenica postmenopausale, Helicobacter pylori, eaptite B, C, HIV, papilloma virus etc.

 

Per capire meglio: la ricerca scientifica

Appurato quindi che organizzazioni come OMS e IARC si basano su anni di ricerche scientifiche, occorre definire su quali binari si muove oggi la ricerca scientifica, a grandi linee.

La sperimentazione sul modello animale, per quanto eticamente discussa (ma questo non è argomento di questo articolo), è il primo step per sperimentare la tossicità di un qualsiasi elemento su un organismo intero e non solo su un tessuto biologico o su una singola cellula: una dose molto alta di Vitamina C ad esempio può uccidere una singola cellula, danneggiare un pezzo di tessuto e intossicare un animale fino ad ucciderlo. Questo non significa che la Vitamina C sia un veleno, ma che ha una dose di sicurezza che può essere anche positiva e una dose tossica. Per i carcinogeni si segue lo stesso modello sperimentale: si può sperimentare su un modello animale a quale dose o tempo di esposizione un elemento può indurre un cancro nella cavia.
 
E sull’uomo? Per motivi etici non è ovviamente possibile indurre il cancro nelle persone volontarie, ecco quindi che il problema si amplia: l’unico modo per rilevare dati dell’effetto cancerogeno di una sostanza sull’uomo è utilizzare studi epidemiologici. Lo studio epidemiologico analizza la distribuzione e la correlazione di una malattia sulla popolazione: viene quindi effettuato analizzando grossi  campioni di popolazione mettendo in correlazione, ad esempio nel caso del cancro, il consumo di carni lavorate allo sviluppo di determinate patologie. La correlazione però non spiega necessariamente un nesso causa-effetto ad esempio, ci può essere una correlazione statisticamente significativa tra la vendita di gelati e il numero di rapine a mano armata, ma questo non significa che tra le due cose ci sia necessariamente un nesso di causa.
 
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Il difficile per i ricercatori sta appunto nel dimostrare l’esistenza di questo nesso di causa, ed il limite degli studi epidemiologici è che non si possono valutare le molte altre variabili: quando prendo dati su 50.000 persone, o 100.000, o 300.000 non posso sapere se fanno uso di farmaci, se fanno esercizio fisico, come cucinano, quanto dormono, che lavoro fanno, se hanno altre patologie, l’inquinamento della loro città, della loro casa, che geni hanno etc etc. L’alimentazione è solo un pezzo di questo puzzle, e i dati vanno sempre interpretati: le qualità delle carni, anche quelle lavorate, consumante in Italia non sarà la stessa di quelle americane o cinesi, lo stile alimentare mediterraneo sarà sicuramente migliore di quello dei danesi, l’inquinamento ambientale di Ponte a Buggiano non è certo quello di Pechino o New York e via dicendo.
Ecco quindi che questi dati, oltre ad essere innanzitutto capiti vanno anche contestualizzati.

Ad esempio, i tumori al colon retto in Italia, che tra l’altro sono in diminuzione rispetto agli anni precedenti, stando ai dati attuali prevedono per la popolazione maschile 113 casi ogni 100.000 abitanti, quindi una incidenza dello 0,113%. Dal momento che secondo l’OMS il rischio aumenta del 18% per ogni 50gr di carni lavorate assunte al giorno, se tutti i maschi Italiani cominciassero a mangiare 50gr al giorno di carni lavorate, ammettendo una proporzionalità diretta, la percentuale aumenterebbe da 0,113% a 0,1334%! Se consumassero ipoteticamente 200g grammi al giorno, aumentando del 72% la possibilità di sviluppare il cancro al colon retto, l’incidenza passerebbe dallo 0,113% ad un vertiginoso 0,19436%, ovvero una 80ina di casi in più all’anno.

 

Carne rossa e tumori: consigli utili

 

Appurato quindi che è opportuno limitare il consumo settimanale di carni lavorate come hamburger, insaccati, wurstel, mantenendole come consumo occasionale ed edonistico, cosa dire delle carni rosse?
La stessa OMS, oltre a sottolineare che non ci sono dati sufficienti a sottolineare che la carne rossa sia in qualche modo responsabile dello sviluppo di tumori nell’uomo (ricordiamo che è stata inserita in categoria 2A) ricorda la sua importanza alimentare per l’apporto di vitamine del gruppo B e minerali quali ad esempio ferro e zinco.
I dati che indicano un probabile rischio legato al consumo di carne rossa sono inerenti più che altro al tipo di cottura: cotture secche e ad alte temperature, come ad esempio la griglia, aumentano la formazione di composti quali amine eterocicliche (HCA) e idrocarboni policiclici aromatici (PAH) che, essendo molto aggressivi per l’organismo, possono predisporre allo sviluppo di patologie tumorali e la cui formazione è dovuta al tipo di carne (ad esempio le carni lavorate), alla temperatura di cottura e al tempo di cottura.

 
 

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  • Prediligere le cotture umide come vapore, spezzatini, umidi e stufati può ridurre la formazione di HCA e PHA dal 50% al 100%
    • Marinare la carne per circa un’ora prima della cottura, in marinatura acida (aceto, vino, yogurt, limone) può ridurre la formazione di questi composti fino al 90% per le HCA, mentre la marinatura con la birra fino al 53%.
    • Usare erbe e spezie quali aglio, menta, rosmarino, cipolla può ridurre la formazione di HCA e PHA dal 40% al 90%
    • Usare tagli più piccoli e girare spesso la carne, lasciandola un po’ più al sangue è un’ altra strategia utile per ridurre la formazione di HCA e PHA
    • Evitare salse barbecue  o altre salse confezionate, che posso invece aumentarne la formazione durante la cottura
    • Accompagnare la carne con abbondante frutta e verdura di stagione per aumentare la capacità antiossidante e anti infiammatoria dell’organismo, oltre a mantenere un sano ambiente intestinale

 
 

Ricordate che l’alimentazione è solo uno dei fattori che incidono sullo sviluppo di tumori e patologie: ridurre il consumo di farmaci, avere un’alimentazione a base vegetariana (quindi principalmente basata su frutta e verdura di stagione, legumi) e il meno lavorata possibile, gestire lo stress e condurre uno stile di vita attivo sono molti elementi di un insieme che concorrono al mantenimento di un buono stato di salute!
 
Riferimenti essenziali:
 
http://examine.com/blog/scientists-just-found-that-red-meat-causes-cancer–or-did-they/
 
http://www.thelancet.com/pdfs/journals/lanonc/PIIS1470-2045%2815%2900444-1.pdf
 
http://www.iarc.fr/http://monographs.iarc.fr/ENG/Classification/latest_classif.php
 
http://www.tumori.net/it3/rapporti%20sedi/Colonretto.pdf
 
http://www.precisionnutrition.com/how-to-grill-healthy-food
 
http://www.precisionnutrition.com/all-about-cooking-carcinogens
 
http://www.precisionnutrition.com/cancer-and-nutrition
 
http://www.precisionnutrition.com/meat-and-health

 

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